Samuel Taylor Coleridge - THE RIME OF ANCIENT MARINER

lunedì 31 dicembre 2012

L'anno che verrà


Suppongo che alla fine di questo tempestoso 2012 che si trascina dietro più dolori che gioie sia doveroso abbandonare qualsiasi torre d'avorio e augurarsi - in virtù di un semplice, dignitoso istinto etico e umano - che il piacevole senso di migliorare il futuro, avvertito durante la gragnola di tappi di spumante lanciati in aria come colombe. sia destinato ad accompagnarci per tutto il resto del 2013. 
E quindi i miei più calorosi auguri vanno a coloro che quest'anno si rimboccheranno le maniche, che consolideranno certezze, che prenderanno posizioni e soprattutto che sentiranno crescere in loro un bruciante senso di riscatto.

Buon anno.

sabato 22 dicembre 2012

La (vera) fine del mondo

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Ora che finalmente un po’ tutti tiriamo un sospiro di sollievo per la scampata apocalisse maya, possiamo fare qualche conto. Siamo di fronte a un ciclo che si chiude – questo in realtà è quanto affermato dal popolo precolombiano – e non a caso di tale “profezia” se ne era già parlato nel numero 0 del “CittadinoNews”. La rivista che state leggendo, nata maluccio e barcollante nei primi numeri a causa di una guida poco competente, si ritrova adesso con un numero di fine anno che mostra con forza le idee chiare, l’impegno e l’affiatamento dei suoi collaboratori, e si incammina con pazienza e umiltà verso un continuo miglioramento. Ma il segreto per migliorare è quello di essere adeguatamente critici: cosa ci rimane, infatti, di questo Natale 2012 battezzato dall’ansia verso un’annunciata fine del mondo?

Oggi come oggi, nel vedere tutto ciò da un punto di vista editoriale, non posso che constatare il triste ammontare di tanta carta stampata che ha dissertato sull’argomento e che ha riempito interi scaffali nelle librerie. No, non è un problema di censura o di libertà di parola. Il fatto è che guardando questa fitta schiera di libelli più o meno seri non riesco a fare a meno di pensare che la stampa di questi testi ha volontariamente e involontariamente tolto spazio ad altri, a tutte quelle opere che purtroppo in Italia non hanno mercato perché leggere di maledizioni e predestinazioni ci appare evidentemente più interessante che leggere Calvino, Queneau o Proust. Questo significa che lo scrittore emergente – il saggista, il critico, il poeta – che si affaccia al mondo della cultura con un lavoro fresco e originale verrà sempre posto in secondo piano rispetto a chi sarà in grado di battere il ferro caldo del momento, cavalcando mode e desideri di mondanità del pubblico lettore. Sarà più difficile, dunque, vedere un prodotto letterario pulito e nuovo piuttosto che un qualcosa di blando e stantio. Ma il vero punto non è neanche condannare la banalità di un argomento, quanto il mercato della disinformazione che esso alimenta sottraendo spazio a proposte culturali di maggiore spessore. “2012 – La fine del mondo?”, “Apocalisse 2012” (da non confondere con “Apocalypse 2012”, “Apocalissi 2012” o con “2012, l’Apocalisse”), “2012, è in gioco la fine del mondo”: sono solo alcuni dei titoli che hanno fagocitato parte dell’espressione editoriale italiana e adesso, mentre stiamo qui a mangiare panettoni all’alba di un post 21 dicembre, dietro di noi restano queste tristi pile di carta (straccia) che paiono guardarci con il rancore sommesso e silenzioso di quei frati che il 31 dicembre del 999 d.C. incombevano sul popolo analfabeta al grido di “Mille e non più Mille”, ripetendo una frase attribuita, secondo la tradizione, a Gesù. 

Sarebbe facile dare la colpa a quest’ultimo quando l’evidenza dei fatti ha portato gli uomini a vivere un anno Mille seguito dal Mille e uno (fino a oggi), così come è ugualmente facile prendersela con i Maya che sembrano aver sbagliato tutto; ma la realtà è che i meritevoli di una pernacchia siamo tutti noi che ci abbiamo creduto e che con i nostri acquisti editoriali su presunte apocalissi abbiamo pagato la sussistenza di scribacchini dell’ultim’ora e contemporaneamente condannato al silenzio un potenziale bravo autore che ora come ora si starà districando (se è abbastanza fortunato) tra i severi gironi delle piccole case editrici.

Il punto è che semmai ci dovesse essere una fine del mondo, inizierà quando non saremo davvero più in grado di distinguere un dato di fatto dalla diceria e – poveri noi – inizieremo a preferire quest’ultima.

lunedì 3 dicembre 2012

Days of the dinosaur - Un passo indietro (e non solo nel tempo)


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Il Real Albergo dei Poveri di Napoli prova a bissare il successo della mostra “Body Worlds” tenutasi quest’anno (per chi volesse approfondire, può recuperare il numero 2 del “CittadinoNews”) e, percorrendo la stessa scia, continua a proporre eventi a risonanza mondiale dai toni più “curiosi” che museali in senso stretto (anche se è una condizione particolarmente calcata in questo caso che si presenta molto in odore di mirabilia e wunderkammer ). L’esibizione in questione è “Days of the dinosaur”, ospitata precedentemente a Roma e a Torino dove ha raggiunto alti livelli di incassi e ora appunto a Napoli dal 31 ottobre fino al 27 gennaio (per ulteriori informazioni, visitate www.daysofthedinosaur.it).
La mostra consiste nell’esposizione di una serie (12 scenari in tutto) di animatroni, vale a dire riproduzioni in scala reale dei dinosauri vissuti nei periodi del Triassico, Giurassico e Cretaceo; tali esemplari, oltre a essere una ricostruzione abbastanza fedele, sono anche animati, per cui lo spettatore immerso nel percorso museale avrà modo di vedere questi giganteschi antenati dei rettili agitare la coda, spalancare le fauci, muovere le zampe ed emettere versi. Gli esemplari di questo jurassic park robotico sono corredati ciascuno con il proprio cartello informativo – esclusivamente in italiano – che ne spiega caratteristiche e particolarità.
“Day of the dinosaur”, tuttavia, inizia a finisce su questo dettaglio. Si è provveduto ad ampliarlo aggiungendoci un tutto sommato interessante mediometraggio in 3D che illustra in maniera efficace la nascita della vita sulla Terra cercando di sensibilizzare, tra un minaccioso morso di un T-Rex e l’altro, i più piccoli (il video è fondamentalmente rivolto a loro) verso un più vivo rispetto per la natura e i suoi equilibri. Ma oltre questo, per gli adulti smette di essere una cosa dedicata anche a loro, perché poi il (poco) rimanente spazio è riservato ai bambini; ci si può infatti scattare una foto con un dinosauro particolarmente accattivante, o addirittura farci un giro sopra. Il tutto dietro pagamento, si intende.
L’allestimento, dunque, è in effetti dedicato ai bambini e nonostante una prima parte possa interessare anche i genitori, il resto rischia di annoiarli e – ahimè – quasi far rimpiangere i dieci euro spesi non tanto per i figli quanto proprio per se stessi. Il che mi ha lasciato con un certo amaro in bocca, perché ancora avevo in mente l’entusiasmo dell’ospitare e proporre una mostra come quella dei corpi umani del dr. Gunther Von Hagens, che per quanto audace possa essere, è senza dubbio un altro e alto livello qualitativo rispetto a questa. Inoltre ho potuto apprezzare particolarmente la novità di ospitare un evento del genere a Napoli e in una struttura a mio avviso destinata alla rivalutazione quale il Real Albergo dei Poveri è. Ma sembra tanto che in quest’occasione si sia voluto optare più per il parco giochi con le attrattive a pagamento piuttosto che per il lato artistico e culturale.
Unico dettaglio che ho trovato emblematico fino al midollo, una grande vasca piena di sabbia dove i bambini possono giocare a trovare i fossili nascosti lì dentro: questo, per lo meno, è tanto divertente quanto gratis. Come al solito, l’archeologia non paga.